Articolo a cura del Dott. Pierfrancesco Maffia – Fisioterapista

Questo isolamento ci ha costretto ad una forzata inattività motoria e relazionale, che ha investito globalmente la nostra persona intesa come l’unione di tre contenitori:

  • biologico (tessuti e sistemi che compongono il nostro corpo);
  • psico-cognitivo (vissuto personale, memoria, idee, stati emotivi);
  • sociale (ambiente in cui viviamo, lavoro, sport, relazioni con colleghi- familiari-amici).

Ognuno di noi è definito da queste tre sfere e l’alterazione di una di queste può portare a ripercussioni sui vari sistemi del corpo tra cui quello dolorifico, pertanto la percezione del dolore che solitamente è un utile sistema di protezione può agire da amplificatore dannoso. (1)

Quali sono i fattori che incidono sulla percezione del dolore?

La percezione del dolore è condizionata da fattori cognitivi e fattori emotivi.

Tra i fattori cognitivi sottolineo meccanismi di attenzione selettiva: poniamo tanta attenzione ai segnali corporei fino ad interpretarli come una minaccia, questo genera in noi una sensazione di iper-vigilanza che desta ancor più preoccupazione del segnale corporeo stesso. (2)

Sono importanti anche i pensieri che leghiamo all’esperienza del dolore, così come il nostro senso di autoefficacia: se sentiamo di poter apportare un cambiamento, di agire per cambiare quello che stiamo provando, ciò influenza positivamente la nostra esperienza del dolore; viceversa la influenza negativamente. (3)

Tra i fattori emotivi citiamo esperienze negative di ansia, paura, irritabilità, deflessione dell’umore, che influenzano la nostra salute, anche fisica, in modo globale. (4)

Il trattamento del dolore perciò deve essere multimodale per affrontarne tutti gli aspetti: fisiologico e psicologico, cognitivo e contestuale. (5)

FISIOLOGIA DEL DOLORE

Normalmente gli stimoli esterni, attraverso una serie di impulsi, arrivano al cervello che però non è passivo e credulone, ma sulla base del contesto fisico-emotivo e sulla base delle esperienze passate, ne valuta la pericolosità ed elabora delle risposte comportamentali con l’obiettivo di guarire. (6)

Per capire meglio come il contesto giochi un ruolo fondamentale prendiamo un esempio semplice: una distorsione di caviglia.

Se scappando si prende una distorsione non si percepisce dolore perché è una situazione di pericolo e bisogna fuggire; invece in una situazione più tranquilla, subire una distorsione porta a percepire dolore e modificare il comportamento, per esempio zoppicando. In entrambi i casi il sistema dolorifico è attivo, ma è una strada a due corsie, un input che dall’esterno arriva all’interno, ma soprattutto viene elaborata e porta un risultato adeguato al contesto (output): è il cervello che ci dice se farci percepire l’output dolore e con quale intensità. (7-8)

Il nostro corpo ha un livello di protezione determinato da una “soglia di protezione” che in un contesto normale ci protegge dagli stimoli esterni che devono essere abbastanza intensi per superarla e provocare dolore.

In una situazione anomala come quella che viviamo in questo periodo, può accadere che la soglia si abbassi e basterà uno stimolo di entità minore per provocare dolore. Il nostro corpo sentendosi sotto attacco amplifica tutti i sistemi di protezione, tra cui il sistema dolorifico, che diventa iperprotettivo e piuttosto che favorire la guarigione la ostacola. (7-8)

Cosa fare allora?

L’obiettivo diventa riportare in alto la soglia, questo è possibile in quanto il nostro cervello ha la caratteristica di essere plastico, quindi adattarsi a nuovi stimoli e imparare cose nuove. (9-10)

Per renderlo possibile bisogna riprogrammare il sistema dolorifico, tramite l’educazione al dolore e il movimento. (11-12-13)

Per educazione al dolore si intende capirne i meccanismi, informarsi e sviluppare nuove consapevolezze, come leggere quest’ articolo per esempio.

Il movimento, inteso come esercizi attivi, diventa determinante scegliendo un’attività fisica che prima di tutto piaccia e diverta, che coinvolga tutto il corpo e preveda almeno una parte aerobica. (13-14-15)

A tal proposito la figura professionale del fisioterapista può fornire al meglio l’assistenza necessaria sia in termini di educazione che di esercizio terapeutico, ancora meglio avendo la possibilità di collaborare con un’equipe multidisciplinare, che si pone come perfetto approccio terapeutico bio-psico-sociale data la multifattorialità del problema. (5-15)

Presso il Poliambulatorio FKTherapy di Ponte Taro di Noceto in provincia di Parma lavorano professionisti specializzati in ambiti differenti, per una presa in carico multidisciplinare del paziente.

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BIBLIOGRAFIA

  1. Latremoliere A., Woolf C.J. “Central sensitization: a generator of pain hypersensitivity by central neural plasticity” J Pain 2009.
  2. Woolf C.J., “Central sensitization: implications for the diagnosis and treatment of pain” Pain 2011.
  3. Wells-Federman C., Arnstein P. “Nurse-led pain management program: effecton self efficacy, pain intensity, pain related disability, and depressive symptoms in chronic pain patients” Pain Manag Nurs 2002.
  4. Richardson E.J., Ness T.J., Doleys D. M., et al. “Depressive symptoms and pain evaluations among persons with chronic pain: catastrophizing, but not pain acceptance, shows significant effects” Pain 2009.
  5. Gatchel R. J., Peng Y. B., Peters M. L. “The biopsychosocial approach to chronic pain: scientific advances and future directions”. Psychological Bulletin 2007.
  6. Nir R.R., Yarnitsky D. “Conditioned pain modulation” Curr Opin Support Palliat Care 2015.
  7. Plaghki L., Decruynaere C., et al. “The fine tuning of pain thresholds: a sophisticated double alarm system” PLoS One 2010.
  8. Thompson J.M., Neugebauer V. “Amygdala plasticity and pain” Pain Res Manag 2017.
  9. Sale A., Berardi N., Maffei L. “Environment and brain plasticity: towards an endogenous pharmacotherapy” Physiol Rev 2014.
  10. Nithianantharajah J., Hannan A.J. “The neurobiology of brain and cognitive reserve. Mantal and physical activity as modulators of brain disorders” Prog Neurobiol 2009.
  11. Louw A., Diener I., Butler D.E. “The effect of neuroscience education of pain, disability, anxiety, and stress in chronic musculoskeletal pain” Arch Phys Med Rehabil 2011.
  12. Louw A., Zimney K., et al. “The efficacy of pain neuroscience education on musculoskeletal pain. A systematic review of the literature” Physiother Theory Pract 2016.
  13. Ambrose K.R., et al. “Physical exercise as non-pharmacological treatment of chronic pain. Why and When.” Best Pract Res Clin Rheumatol 2015.
  14. Geneen L.J., Moore R.A., Clarke C., Martin D. “Physical activity and exercise for chronic pain in adults: an overview oh Cochrane Reviews” Cochrane Database Syst Rev 2017.
  15. Booth J., et al. “Exercise for chronic musculoskeletal pain. A biopsychosocial approach” Musculoskeletal Care 2017.