Articolo a cura del Dott. Davide Aliani – Specialista in Ortopedia
La lussazione della spalla avviene quando la testa dell’omero fuoriesce completamente dalla cavità glenoidea, in genere in seguito ad un evento traumatico o per un’aumentata lassità (elasticità) dei tessuti.
Può provocare la rottura di numerose strutture anatomiche (legamenti, ossa, cute, cartilagine articolare, muscoli e capsula) e soprattutto se avviene per la prima volta in età giovane potrebbe recidivare, dando luogo a instabilità cronica o lussazione abituale.
Approfondiamo anatomia, cause di instabilità e strategie di cura e trattamento.
Mobilità e stabilità della spalla
È risaputo che la spalla sia l’articolazione dotata di maggiore mobilità, avendo la possibilità di muoversi su tutti i piani con un ampio raggio di movimento.
Questa caratteristica è riconducibile in primis alle dimensioni delle superfici articolari che si affrontano, paragonabili a una palla da basket (testa omerale) appoggiata su una tazzina da caffè (glena).
È facilmente intuibile che il “prezzo da pagare” per tale mobilità sia una maggiore instabilità, ossia una maggiore difficoltà nel mantenere affrontate queste due superfici.
Per questo sono predisposte specifiche strutture anatomiche i cosiddetti stabilizzatori passivi:
- Capsula articolare, un manicotto fibroso che circonda collo omerale e bordo della glena;
- Cercine glenoideo, un cuscinetto fibrocartilagineo circonferenziale che aumenta la congruenza delle due superfici;
- Legamenti gleno-omerali, rispettivamente superiore, medio e inferiore (quest’ultimo in assoluto il più importante ai fini della stabilità articolare).
Di fondamentale supporto ad essi sono gli stabilizzatori attivi, ossia le strutture muscolari che con la loro attività contribuiscono a mantenere i corretti rapporti articolari, primi fra tutti i componenti della cuffia dei rotatori.
Se un trauma è tale da superare la resistenza delle suddette strutture si ha il completo disaccoppiamento delle due superfici, ovvero una lussazione.
Una condizione di aumentata lassità articolare (ossia una eccessiva elasticità dei tessuti, e quindi anche degli stabilizzatori passivi della spalla) può favorire il verificarsi di una lussazione, anche per traumi di minore entità.
Si tratta di un’urgenza ortopedica molto dolorosa, che richiede una manovra di riduzione, da eseguire in PS previa esecuzione di accertamenti radiografici ed esclusione di coinvolgimento di strutture nervose o vascolari.
Nel 95% dei casi la testa omerale si lussa anteriormente rispetto alla glena (lussazione anteriore).
La lussazione rappresenta un evento irreversibile per la spalla, dal momento che comporta la lesione dei citati stabilizzatori passivi.
A questi si associano pressochè invariabilmente anche lesioni ossee, che consistono in una “sbeccatura” del bordo della glena (Bony-Bankart) e in una “intaccatura” sulla testa omerale (lesione di Hill-Sachs).
Tutte queste lesioni possono favorire il verificarsi di successive lussazioni, anche per traumi di minore entità o anche solo per determinati movimenti, dando luogo pertanto a lussazioni ricorrenti o abituali. Si instaura così un quadro di instabilità cronica.
Instabilità cronica della spalla
Il paziente affetto da instabilità cronica riferisce di avere avuto tante lussazioni, talvolta un numero tale da aver addirittura imparato a “risistemare” la spalla da solo.
Generalmente è un paziente di giovane età, dal momento che è dimostrato che quanto più il paziente è giovane al momento della prima lussazione, tanto più ha maggiore rischio di sviluppare instabilità cronica.
Un segno clinico tipico è un senso di apprensione evocabile se la spalla viene posta in abduzione e rotazione esterna, ossia nella posizione che favorisce ulteriori lussazioni (apprehension test), attenuato dall’esaminatore se pone la mano a premere anteriormente sulla spalla, come a impedire una eventuale lussazione (relocation test).
È importante inoltre valutare la lassità articolare della spalla mediante il test del cassetto (traslando la testa anteriormente mantenendo la scapola bloccata) e confrontarla con la controlaterale (per determinare se l’eventualità lassità sia costituzionale, oppure acquisita per le ripetute lussazioni che hanno progressivamente “sfiancato” legamenti e capsula articolare).
La diagnosi clinica deve essere accompagnata e confermata da un imaging adeguato.
In ecografia è riconoscibile la lesione di Hill-Sachs ed è possibile eseguire valutazioni dinamiche per valutare la lassità capsulare, oltre all’integrità delle strutture tendinee.
In rx è possibile riconoscere i deficit ossei nelle proiezioni standard (anteroposteriore vera, ascellare, Y view, anteroposteriore in rotazione interna) e in proiezioni specifiche (Bernageau).
In particolare in caso di programmazione di trattamento chirurgico è importante approfondire con esami di II livello, come la TAC per approfondire e quantificare eventuali deficit ossei e/o la Risonanza Magnetica (preferibilmente ad alto campo) per la valutazione dei tessuti molli (cercine, capsula e legamenti gleno-omerali).
Trattamento
Conservativo
Il trattamento di un primo episodio di lussazione è di tipo conservativo: dopo un periodo di iniziale riposo ed immobilizzazione, è consigliato il trattamento fisiochinesiterapico attraverso il quale il paziente e il fisioterapista si pongono due obiettivi:
- Rinforzare gli stabilizzatori articolari attivi e ripristinare la propriocettività mediante esercizi specifici;
- Evitare che i processi di guarigione delle strutture lesionate comportino l’insorgenza di rigidità articolare.
Chirurgico
In caso di recidiva (ulteriori lussazioni), di persistenza di sintomi invalidanti (apprensione) nonostante il trattamento fisioterapico, oppure già dopo il primo episodio in pazienti selezionati ad alta richiesta funzionale (sportivi ad alto livello o categorie specifiche di lavoratori che non possono permettersi ulteriori episodi di lussazione, si pensi ad esempio ad un giocatore di baseball o un pompiere) può essere indicato intervenire chirurgicamente.
Intervento di Bankart-Remplissage
In assenza di gravi deficit ossei glenoidei o omerali è preferibile eseguire l’intervento di Bankart-Remplissage o capsulo-ligamento-plastica, in cui in artroscopia si esegue un duplice gesto di riparazione sui tessuti molli:
- ritensionamento dei legamenti gleno-omerale inferiore e medio, della capsula articolare e una riparazione del cercine glenoideo, mediante utilizzo di ancorette in tessuto di pochi mm di diametro dentro alle quali scorrono fili di sutura, posizionate sul bordo della glena;
- riempimento della lesione di Hill-Sachs mediante plicatura del tendine del sottospinato e della capsula posteriore, utilizzando un’ancoretta impiantata proprio in corrispondenza della lesione ossea.
Obiettivo dell’intervento è ripristinare l’anatomia originaria della spalla, facendo cicatrizzare i tessuti ritensionati affinché possano tornare a svolgere la loro funzione (impedire lussazioni).
Intervento di Bristow-Latarjet
In caso di instabilità cronica di lunga data con storia di innumerevoli lussazioni ci si può imbattere in casi di grave perdita ossea della superficie glenoidea o della testa omerale (superiori al 25%).
In questi casi il ritensionamento dei tessuti molli rischia di essere insufficiente (se non addirittura impraticabile) per la concomitante perdita di congruenza delle superfici articolari.
Ecco allora che bisogna ricorrere all’intervento di Bristow-Latarjet, che prevede l’osteotomia (taglio) della coracoide (l’apofisi ossea palpabile al di sotto della clavicola), il suo prelievo insieme al tendine congiunto ed al legamento coracoacromiale su di esso inseriti, e la sua fissazione in corrispondenza del bordo antero-inferiore della glena attraverso un piccolo “split” (divaricazione) del sottoscapolare, con un triplice obiettivo:
- ripristinare la congruenza delle superfici articolari;
- rinforzare la capsula articolare con il legamento coracoacromiale;
- abbassare la parte inferiore del sottoscapolare perché impedisca lo scivolamento anteriore della testa omerale.
Obiettivo dell’intervento è quindi adattare strutture anatomiche della spalla ad agire da stabilizzatori della spalla, dal momento che quelli originari sono irreversibilmente compromessi. È importante tenere presente che sono riportate percentuali di complicanze post-operatorie (ematoma, riassorbimento o mancata consolidazione della coracoide, lesioni neurologiche) non trascurabili.
Riabilitazione post-intervento
Per qualunque tecnica chirurgica si opti, è di fondamentale importanza un adeguato percorso fisioterapico post-operatorio.
Durante e dopo un iniziale periodo di riposo e immobilizzazione di circa 1 mese (finalizzato alla cicatrizzazione delle strutture riparate), il paziente è affidato al fisioterapista con i seguenti obiettivi:
- trattare precocemente i tessuti operati mediante tecniche di massoterapia e linfodrenaggio;
- impedire insorgenza di rigidità post-operatoria mediante mobilizzazione passiva assistita della spalla e dell’arto superiore;
- ripristinare un adeguato tono e trofismo della muscolatura dell’arto operato in toto, in particolare degli stabilizzatori mediante esercizi attivi;
- rieducare la spalla e l’arto ai gesti quotidiani e successivamente al gesto sportivo e lavorativo, grazie a fisioterapia propriocettiva.
Presso il poliambulatorio FKTherapy di Ponte Taro di Noceto in provincia di Parma lavora il Dott. Davide Aliani, Medico Ortopedico specializzato nella chirurgia della spalla e fisioterapisti specializzati nel trattamento conservativo e nella riabilitazione pre e post-operatoria della spalla.
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