Articola a cura della Dott.ssa Chiara Rainieri Psicologa e Psicoterapeuta
Nel corso della vita una delle maggiori preoccupazioni che accompagna il passare degli anni è quella di perdere la memoria, quell’enorme archivio di episodi, racconti, sensazioni ed emozioni che costituisce la nostra vita. La memoria è quello strumento che consente di orientarci nella quotidianità e di costruire un’immagine di noi stessi coerente nel tempo.
Che cos’è la memoria?
Per rispondere a questa domanda vi invito a pensare alla giornata di oggi e alle azioni che avete compiuto. Questa mattina per colazione siete andati diretti verso il frigorifero per prendere la bottiglia del latte o vi siete recati sicuri in bicicletta dal panettiere per comprare il pane. Qui avete riconosciuto il vicino di casa che vi ha salutato e a cui avete risposto con cortesia. Per attraversare la strada vi siete recati sulle strisce pedonali e atteso che la strada fosse sgombra prima di passare.
Questi esempi ci aiutano a comprendere quanto la memoria sia fondamentale per la nostra sopravvivenza, per consentire di apprendere e svolgere con fluidità e sicurezza le azioni quotidiane.
Come si fissano i ricordi?
Ogni giorno abbiamo a che fare con una moltitudine di informazioni. Una parte di esse ci serve solo per periodi brevissimi di tempo, come l’importo da pagare al cassiere del supermercato, un numero di telefono da comporre. Esse permangono nella cosidetta memoria a breve termine solo per il tempo necessario allo svolgimento di quel compito (estrarre il denaro per pagare, dirigersi verso il telefono e digitare il numero). Possiamo aiutarci a ricordare queste informazioni grazie alla strategia della ripetizione, ma poco dopo averle utilizzate esse decadranno.
Sebbene questa dimenticanza talvolta susciti rammarico, la capacità di lasciare andare le informazioni superflue consente al nostro cervello di funzionare in modo economico, senza provocare un eccesivo carico di dettagli inutili. Avere una memoria che funziona come una cinepresa, registrando fedelmente ogni singolo particolare della nostra esperienza, sarebbe poco utile e rallenterebbe la nostra abilità di elaborare velocemente gli stimoli essenziali.
Per tale ragione la memoria è selettiva e memorizza nel magazzino a lungo termine solo ciò che è rilevante per noi.
Come un’informazione viene immagazzinata nella memoria a lungo termine?
Possiamo immaginare ad una sorta di “filtro” che grazie alla nostra attenzione seleziona alcuni stimoli scartando tutto il resto. Il filtro attentivo è fortemente connesso alla zona emotiva del cervello; per tale ragione spesso gli eventi che suscitano significative emozioni spiacevoli (come paura, rabbia, ecc) o piacevoli (come sorpresa, gioia, ecc) lasciano una forte traccia mnesica.
Un’informazione può essere immagazzinata nella memoria a lungo termine anche grazie a strategie di codifica profonda come il chunking che organizza il materiale da ricordare in “blocchi”. Se ad esempio vogliamo ricordare il numero 874006 ci verrà più semplice scomporlo in 87 – 40 – 06. Posso in aggiunta associare questi tre numeri a qualcosa che per me è significativo come 87 = gli anni della mia nonna, 40 = il numero civico di casa e 06 = il mese di giugno in cui termina la scuola o compie gli anni una persona per me importante.
Più connessioni si creano tra le tracce di memoria più sarà facile il loro recupero.
Perchè la memoria fallisce?
Con il tempo tuttavia anche questi ricordi tendono ad affievolirsi a meno che non li richiamiamo alla mente con una certa frequenza. Tuttavia la “legge del disuso” non può da sola spiegare tutti i fenomeni di oblio.
Il consolidamento della traccia mnesica è influenzato da attività interferenti, ovvero da ciò che avviene nell’intervallo tra l’apprendimento e il recupero dell’informazione.
Si distinguono due tipi di interferenze:
– interferenza retroattiva, quando la nuova informazione agisce a ritroso ostacolando il recupero di informazioni vecchie. Un esempio può essere non ricordare cosa si è ricevuto in regalo per il proprio venticinquesimo compleanno; i doni ricevuti successivamente possono inibire il recupero della traccia mnestica di quel preciso anno.
– interferenza proattiva, quando le informazioni vecchie rendono difficoltoso l’apprendimento e il recupero di materiale appreso di recente. È infatti frequente che i ricordi più vecchi siano stati maggiormente rievocati e più consolidati nella memoria a lungo termine. Ciò rende più accessibili le informazioni apprese in precedenza piuttosto che quelle recenti. Ad esempio, in seguito al trasferimento in una nuova casa, può accadere di scrivere accidentalmente il vecchio indirizzo durante la compilazione di moduli. La memoria dell’indirizzo precedente rende più difficile il richiamo del nuovo indirizzo. Lo stesso accade quando dobbiamo ricordare il nuovo numero di cellulare, digitare il nuovo pin del bancomat o scrivere l’anno nella data nei primi mesi dell’anno.
Un altro fenomeno implicato nel fallimento della memoria è la distorsione. Quando richiamiamo un ricordo allo stesso tempo lo rielaboriamo. Ciò significa che ricordare non è come rivedere una vecchia fotografia o un video, ma come ridisegnare un quadro a noi noto. In questa azione possiamo inserire nuovi particolari, ometterne altri o cambiare il colore di alcune sfumature.
Cosa declina con l’età?
Con l’età si assiste ad un progressivo declino delle capacità mnestiche attribuibile al declino nei meccanismi di inibizione, che consentono di ignorare le informazioni irrilevanti, e al declino della velocità di elaborazione delle informazioni. Rimangono intatte la memoria a breve termine e la memoria implicita.
Memoria e patologie degenerative
La Demenza è un deterioramento globale delle abilità mentali, in cui la perdita di memoria è spesso il primo e più importante segno. Inizialmente si può osservare tendenza a porre le stesse domande, confusione sui luoghi e sul tempo. Altre abilità cognitive possono essere inficiate come il linguaggio, l’attenzione, il ragionamento, il giudizio e la percezione visiva. Il morbo di Alzheimer rappresenta il 60-80 per cento dei casi. La demenza vascolare, che si può verificare dopo un ictus, è il secondo tipo più comune di demenza. Vi sono molte altre condizioni che possono provocare sintomi di demenza, tra le quali alcune sono reversibili, come i problemi di tiroide, quelli dovuti a carenze vitaminiche, effetti collaterali di farmaci, uso eccessivo di alcol, depressione, ecc.
Il Morbo di Parkinson è una malattia degenerativa caratterizzata primariamente da disturbi del movimento, nel corso della quale possono comparire anche deficit che interessano le capacità attentive e mnesiche. Comune è la ridotta flessibilità nel modificare e cambiare il focus dell’attenzione, diventa più difficile filtrare stimoli uditivi o visivi non rilevanti (attenzione selettiva) e la capacità di concentrazione può fluttuare (attenzione sostenuta). La conservazione delle informazioni non è particolarmente disturbata, mentre rallenta la loro capacità di elaborazione e declina il recupero spontaneo.
La Sclerosi Multipla è un disturbo degenerativo che determina danni o perdita della mielina, una sostanza lipidica che riveste le fibre nervose e che permette la trasmissione degli impulsi nervosi.
Tra i numerosi e vari effetti della malattia troviamo il deterioramento di attenzione (shifting attentivo), memoria (memoria di lavoro e memoria prospettica, ovvero il ricordo di piani, intenzioni e azioni che intendiamo svolgere in futuro) e funzioni esecutive (capacità di pianificazione) che impattano negativamente sull’apprendimento di nuove abilità o concetti, ma anche su azioni giornaliere precedentemente acquisite.
La riabilitazione e il potenziamento di attenzione e memoria
La riabilitazione e il potenziamento cognitivo consentono di sviluppare, sostenere e fortificare strategie utili ad arginare i deficit attentivi e mnestici legati all’invecchiamento e ad alcune patologie, tra cui quelle sopracitate.
Possono essere sviluppati in sessioni individuali e/o di gruppo (tra pazienti con un livello cognitivo omogeneo) nelle quali si propongono esercizi cartacei e/o orali. Questi esercizi possono essere eseguiti autonomamente dal paziente, tuttavia la presenza dello psicologo diventa indispensabile se si vogliono apprendere strategie adeguate da usare in maniera trasversale ai compiti del quotidiano.
Inoltre nelle sessioni di gruppo la relazione e il confronto con l’Altro creano occasioni informali di scambio, dove potersi sentire accolti e compresi nelle proprie difficoltà, favorendo la consapevolezza e la loro accettazione da parte della persona.
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